martedì 10 giugno 2014

Un libro, per triste che sia, non può essere triste come una vita

trilogia della città di K è un libro che come suggerisce il titolo è una trilogia, diviso quindi in tre parti

la prima di questa è fatta a capitolini, in prima persona plurale e sempre al presente, senza un'emozione o un'idea, solo il resoconto dei fatti, come un diario live, come un qualcosa che viene dal libro stesso

la seconda parte è invece la storia di un personaggio che gia si era conosciuto nella prima parte, con le sue vicende, i suoi pensieri, le scelte e i dubbi, insomma per certi versi il proseguire della prima parte

la terza parte è quella che dovrebbe essere del resoconto, con la prima e la seconda parte come preambolo a quello che dovrebbe essere il gran finale, la spiegazione, la comprensione. Il problema, a mio avviso, è che c'è troppo caos, troppe cose che non si capisce come siano veramente andate, ci si fanno delle idee, delle convinzioni e alla fine siccome non si da il nome alle cose, ai personaggi e alle vicende si fa fatica a capire dove stia l'inganno e dove la realtà. in pratica ci si sente presi in giro, nel senso buono del termine, come quando vedi il finale de I soliti sospetti, solo che se ne ha la sensazione e mai la certezza con quel turbinio nella pancia e la testa leggera.

detto questo, secondo me è bellissimo, scritto in tre maniere diverse tutte e tre con particolarita e stili che rendono molto bene, penso sia colpa mia il caos nel finale e della mia attitudine a leggere troppo velocemente senza a volte soffermarmi, sperando in uno spiegone, mica sempre, c'è mai quando serve




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